venerdì 16 luglio 2010

Dushanbe-Khojand

M34  13-07-2010  km 330

Doveva essere una tappa per lo più tranquilla quella di oggi, con il tunnel e poco più. Almeno questo era quello che pensavo, e che sembrava dalla cartina, e invece…

Ho imparato che in Tajikistan non puoi mai calcolare i tempi di percorrenza. “Neanche in Italia” dirà qualcuno (ed è vero), ma ora vi spiego il perché qua è così.

Parto da Dushanbe circa alle 10, e non sono nel pieno delle forze perchè sono giorni e giorni che “sfacchino”… comunque l’obiettivo di oggi è Khojand, per avvicinarsi quanto più possibile a Tashkent, prima dell’uscita di domani dal Tajikistan. Ovviamente per trovare la direzione giusta in uscita dalla città ci impiego una ventina di minuti, pure con il Garmin acceso (che però mi dà poche più informazioni di una bussola, vista la cartografia di queste zone…)

Per arrivare a Varzob c’è l’autostrada (non mi fanno pagare), che di fatto è una semplice strada a singola carreggiata, ma in ottime condizioni. Noto e ricordo alcuni particolari della strada, che avevo già percorso in senso opposto meno di una decina di giorni fa. Devo fermarmi a riposare presto, non sono in gran forma infatti. Mi sdraio mezz’oretta vicino alla riva del fiume e poi riparto. Mi avvicino al tunnel, so quello che mi aspetta dal momento che l’ho già percorso, ma ora sono in tensione, influenzato dai commenti sentiti: Christian, il ciclista di origine tedesca ma cresciuto in Inghilterra, incontrato poco prima di Tavildara, mi aveva detto che lui lo aveva evitato, facendo l’Anzob Pass (pericolosissimo), perchè in bici è improponibile, e perchè aveva sentito di quelle storie assurde su quel tunnel… Poi anche Sarah, la ragazza americana incontrata in “ostello” a Tavildara (è qui in Tajikistan per tre mesi, fa parte di una missione umanitaria, per un’associazione non governativa: Mercy Corps), mi aveva spaventato chiamandolo “Tunnel of the death”…

Il tunnel arriva, prima del previsto, e improvvisamente: ti ci catapulti dentro da una strada discreta, e ti ritrovi in quello che sembra il tunnel verso l’inferno. All’inizio, per un paio di km, è completamente buio, e ti ci vuole un po’ ad abituarti con la vista…per fortuna in fondo vedo le luci posteriori della macchina che mi precede. L’asfalto è pessimo, molte buche, piene d’acqua. L’aerazione è disastrosa. Procedo in prima, facendo attenzione. La seconda parte del tunnel è “illuminata”, con un punto luce ogni 200m circa. La macchina che mi precede adesso invece non ha le posizioni posteriori funzionanti, e continua a rallentare, quasi fermandosi in molti punti, cosa che per me è davvero un problema (fermarmi), quindi sono costretto a superarla, e poi procedo “tranquillo” fino alla fine; un paio di buche profonde e sono fuori. Verifico che sono più di 5km di tunnel, percorsi in quasi venti minuti… Non ho fatto video o foto, non ci tengo proprio. All’interno del tunnel comunque, in molti punti, c’erano ai bordi della strada molti operai, a piedi…non commento su queste condizioni di lavoro…

Bene, ora la strada prosegue senza infamia e senza lode fino ad Ayni, paese che non offre più di tanto. Ho fame, ma decido di andare avanti, perchè non so cosa mi aspetta ancora, e sono già le 13 passate…

Sono nel punto di incrocio del mio tragitto, da qui ero giunto da Ovest, da Samarcanda via Pendjikent, e di qua invece andrò ora, verso Nord.

Ora mi ritrovo con la cartina della Reise che mi indica una strada drittissima che porta fino a Shakhristan, mentre la guida della Lonely che indica un passo da 3378m. La cosa mi puzza, ormai dal Tajikistan mi aspetto di tutto… Mi fermo a chiedere a un paio di poliziotti (anzi, mi fermano loro, più per curiosità che per far controlli, ma adotto la “tattica” dell’attacco, chiedendo io prima che chiedano loro…spesso funziona…) Chiedo quanta strada c’è per Khojand, e com’è la strada. Mi rispondono che mancano 200km, e che la strada è ottima. “Come questa”, mi indicano a gesti (ed era effettivamente ottima quella dove mi trovavo…). Ora, o mi volevano prendere in giro, oppure è sottinteso che è ottima eccetto a cavallo di un passo da 3000m…

Mi fermo poco dopo, quando inizia la salita (e ho quindi capito che il passo, purtroppo, c’è…) in una specie di paesino, con case fatte di mattoni di fango; scatto un paio di foto, faccio una Polaroid a due bimbe che corrono felici a mostrarla a mamma e papà, che lavorano in un posto dove intuisco che sistemano le gomme (c’è scritto “vulcanizatija”). Mi ringraziano felici anche loro per la foto donata, e io ne approfitto per chiedere di nuovo delle condizioni della strada. Il papà mi dice che ci sono una ventina di km di strada brutta in corrispondenza del passo, e che poi è ottima fino a Khojand. Già le cose sono cambiate, ma mi sembra che sia un’informazione più affidabile. Alla fin fine non cambia niente, che io sappia o meno com’è la strada, tanto è quella che devo fare, punto. Però io chiedo sempre, è diverso sapere cosa ti aspetta. Anche se le informazioni sono spesso poco attendibili, si chiede a molti, si filtra un po’ e ci si fa un’idea.

Tanto per cominciare, appena iniziata la salita, quando sta anche iniziando a piovere, c’è un tratto di strada franata (il pericolo di frane qua in Tajikistan è altissimo, ovunque: sia che ti frani qualcosa in testa, sia che ti frani la strada di sotto…) e pertanto c’è una pala cingolata Volvo che sta caricando il materiale franato su dei camion, e nel frattempo il traffico è bloccato, in entrambi i sensi. Dopo un quarto d’ora si riparte, e la strada diventa una vera e propria strada tajika degna di questo nome: un disastro. Così fino al passo, che ovviamente non è segnalato da nessun tipo di cartello. Il Garmin mi segna 3342, ci siamo. Faccio una foto e inizio la discesa. Vedo in un punto alcune carcasse di macchine “cadute” sul dirupo. Ne conto 5. (Cerco anche le lapidi dei rispettivi guidatori senza trovarle…) 

Alla fine della discesa i km di strada brutta si sono rivelati quindi più di 30…ma ora sembra finita… no! mai cantare vittoria, in Tajikistan. Non lo farò fino a quando ne sarò uscito, domani. Ancora delle buche a sorpresa, e dei tratti con lavori in corso. Poi si passa al Tajikistan LATO B.

Dopo il passo cambia completamente il paesaggio, diventa più verde, l’orizzonte si espande: dopo giorni e giorni di alte montagne attorno a me, a pochi passi, si vede un orizzonte più lontano. Addirittura la fisionomia delle persone cambia! Sembrano più “orientali” qui… noto come le barriere naturali costituiscano davvero delle comunità “indipendenti”.

Tra le tante cose che mi vorrei fermare a vedere, che mi incuriosiscono, (ma che non mi posso fermare a vedere, altrimenti percorrerei 50km al giorno fermandomi 100 volte!!) ne noto una che non posso assolutamente perdermi: una lupa che allatta due bambini!!! ma…come??? ma dove sono arrivato? dicevano che tutte le strade portano a Roma…ma sarei un po’ distantino io qua da Roma!!! mi fermo, chiedo in qualche modo a dei turisti locali, che mi dicono che degli archeologi hanno trovato nelle montagne qui intorno delle incisioni(o dipinti) che narrano di questa leggenda…chiedo se si rifà alla lupa di Roma, ma mi dicono di no, che è una cosa locale. Eppure guardate la foto…

DSCN2394 

E poi mi ritroverò a rivedere la stessa statua anche in centro a Khojand…mi informerò meglio su questa cosa…se sono dei “copioni” oppure se, come al solito, le leggende sono simili, in tutte le civiltà…

Ho fame, devio quindi dalla strada “principale” di pochi km e mi fermo a Istaravshan a mangiare qualcosa, mi fermo nel posto che mi sembra più “pulito” (e in questo mi rifaccio all’aspetto esteriore, che può contare come no…) è una specie di McDonalds però tajiko, ma così non rendo l’idea… diciamo che è un posto con servizio veloce, con il banco con la roba già pronta, non proprio un ristorante insomma… mangio con appetito, faccio 2 foto di numero al centro città e proseguo. Istaravshan è una città storica, che potrebbe anche meritare una giornata di visita, ma mi sembra molto caotica, e non molto “moderna”, non vedo hotel nella strada centrale (potrei anche fermarmi qui invece che andare a Khojand) ma decido di proseguire, Khojand è la seconda città tajika, la “capitale” del nord, dovrebbe dare sicuramente qualche servizio in più ai turisti…

Arrivo a Khojand, e per fortuna, e dico davvero per fortuna, che ho avuto il tempo per dividere in due tappe il tragitto da Dushanbe a Tashkent, perchè il confine con l’Uzbekistan non l’ho proprio visto segnalato, nonostante nella cartina sembri esserci uno stradone immenso.

La città non sembra gran chè, cerco un albergo, e faccio fatica; ne trovo uno che sembra in rovina, allora prendo la guida e cerco quello consigliato come migliore, che non è molto distante. Non lo individuo subito, chiedo ad una passante. Entro e mi sparano 50$. Chiedo info per altri posti meno costosi, poi propongo uno sconto, calano a 40$, io propongo 150 somoni (che sono poco meno) e accettano. Mi va bene perchè sono davvero stanco. Chiedo ovviamente un posto per la moto, ma mi dicono che devo lasciarla fuori, che però è sorvegliato. Insisto un po’, ma neanche tantissimo, e mi acconsentono di portare la moto nella hall :-)

DSCN2409

La sera esco per mangiare ancora qualcosina, e ho la prima “disavventura” con un tipo, un ragazzo, in borghese, che mi mostra un distintivo e mi chiede i documenti, proprio di fronte al ristorante dove stavo entrando. Gli do il passaporto e inizia a chiedermi perchè non ho la registrazione. Gli spiego che all’albergo a Dushanbe mi hanno detto che non serve, e che pure all’OVIR di Khorog mi hanno detto che non serve, ma questo inizia a fare storie, inizia a telefonare, mi trattiene. Io mi innervosisco, gli richiedo il distintivo, dice che non è in servizio ma che lo sarà tra 5 ore…insomma mi sono agitato ma alla fine mi ha lasciato andare…

Mangio, torno in albergo, nella “suite” che ho, che è praticamente un mini appartamento, e mi immergo in un sonno profondo, sono proprio ko.