giovedì 16 dicembre 2010

Marien Tower

Questa mattina partenza alle 08:00, Paco mi accompagna in macchina alla vicina stazione, a 3km da casa.




Da quì prendo il treno locale, tre fermate per Nagareyama Otakanomori, dove posso cambiare per la Tsukuba Express Line, una linea privata che porta a Tokyo. In treno sono in piedi, è ora di punta, i pendolari che si muovono verso Tokyo lo affollano. A fianco a me un ragazzo in maniche corte, ascolta musica con le cuffie, e suda vistosamente: ma come? Se fuori sono 5 gradi e io ho quasi freddo con il pile? Seduto di fronte a me un uomo si agita, ha addirittura degli spasmi, gli manca il respiro. Non so se fare qualcosa, ma fortunatamente, nell’indifferenza quasi generale, prende l’iniziativa un giapponese, che chiede al poveretto cosa c’è che non va, lo fa sedere più comodamente, e lo rassicura. Chiedo informazioni: è agitato perché ha un colloquio di lavoro tra un paio d’ore, in città. Sono sei mesi che è senza lavoro, e questo gli crea non pochi problemi psicologici. 

Questa storia non può non farmi pensare alla mia situazione: anch’io sono senza lavoro da sei mesi, ma perché mi sono licenziato io… E adesso sono in giro a vedere il mondo… Incredibile come ad uno stesso evento si possa reagire in maniere molto diverse… questo conferma come nella vita, nella maggior parte dei casi, le cose dipendano più da come ci atteggiamo noi a viverle, che dai fatti oggettivi che accadono.

In mezz’ora sono ad Akihabara, quartiere “elettronico”, dove sono concentrati i maggiori department stores dell’alta tecnologia: se si vuole acquistare un pc, l’ultimo modello di fotocamera o una macchina per cuocere il riso, qui c’è da perdersi. Alla stazione mi faccio regalare il solito pacchettino di fazzoletti pubblicitario: questa volta sembra la pubblicità di una chat per soli maggiorenni, altre volte magari di un parrucchiere per signore. Prendo una brioche in una delle tante panetterie francesi, anzi no: questa volta prendo un croque monsieur. Sono delle catene (Vie de France, Paris Baguette, etc.) dove vendono brioche, pasticceria varia, pane. Non a buon mercato, ma cose gustose, e sempre meno care che da Starbucks. Non riesco mai a non cedere alla tentazione di un dolcetto, o al profumo del pane, che qua in Giappone c’è altrimenti solamente come fette da tostare.

Prendo la JR line (Japan Railways) per Kawasaki, dove prendo poi l’autobus che dalla stazione conduce al porto. Il tutto in due ore e mezza nette, 12 euro di biglietti, circa 60km direzione sudovest.

Neanche mezzo km a piedi e sono di fronte alla banchina, dove vedo ormeggiata l’imponente Spring Wind, cargo battente bandiera di Hong Kong, con cui la mia black eagle navigherà verso il Paese dei canguri. 




Chiedo informazioni agli addetti. “E’ tutto ok? La moto è stata già caricata? Io sono qui per riavere il mio Carnet!” Mi dicono che la moto è stata ispezionata ieri e tutto è ok, ora si trova nella banchina in attesa di essere caricata. Cerco di trovarla, per scattare una foto, ma non posso accedere alla zona di carico. L’assistente della Nippon Express fa un paio di telefonate, dice che la moto è già stata caricata, e dice che non possono darmi il Carnet adesso: i documenti devono essere ancora controllati dal Capitano della nave, e poi devono passare nuovamente in dogana. Mi pareva impossibile che potessero restituirmeli oggi, come mi aveva detto l’agente via email… Insisto per averli in giornata, perché per me è difficile ritornare domani, Noda è distante da qui. Inoltre voglio avere il Carnet quanto prima: non appena sono certo che tutto è sistemato qua in Giappone posso prenotare il volo per l’Australia, e prima lo faccio meglio è, visto che i prezzi in questo periodo potrebbero lievitare di giorno in giorno…

Miki San è molto gentile, mi accompagna in macchina ai loro uffici, e cerca di fare in modo di farmi avere i documenti oggi. Come tutti i giapponesi dice “maybe”: loro non si sbilanciano mai (almeno non “in positivo”, perché a dire “impossible” ci riescono benissimo…) Mi offrono un caffè, e mi invitano a ritornare dopo due-tre ore in ufficio da loro. Nel frattempo, preoccupati di dove io possa andare e del fatto che fuori fa freddo, mi consigliano di salire sulla Marien Tower, dove mi trovo ora, e mi ci accompagnano pure! 



A volte (spesso…) mi innervosisco per la difficoltà a comunicare con i giapponesi, per la loro frequente mancanza di intuizione (se vogliamo usare un eufemismo…), per le loro grossissime difficoltà a parlare inglese (vogliamo chiamarla timidezza?...chiamiamola timidezza…) Molte altre volte però questi giapponesi mi stupiscono, per la loro gentilezza, che potrebbe anche essere solamente “di facciata”, conseguente ad un buon “addestramento” (loro sono sempre molto formali ed estremamente gentili in tutto, per educazione), ma che a volte è davvero incredibile. Ma chi glielo fa fare dico io? Comunque, grazie!

Apro una parentesi su questo, perché questi modi sempre così formali, questo sorriso gentile, questo tono mai alterato dei giapponesi, nascondono a volte (forse) una sorta infelicità di fondo… una sorta di insoddisfazione personale che ciascuno di noi, chi più chi meno, ha provato almeno una volta dentro di sé, nel profondo, ma che forse qui in Giappone ha più difficoltà a manifestarsi, perché viene incatenata di dentro da questa educazione così rigida, al punto che uno non può esternarla se non con gesti estremi… Infatti il Giappone detiene il negativissimo record di Nazione con più suicidi al mondo (forse è al secondo posto, non so, dopo la Finlandia…). Quindi, mentre per le strade si viaggia ordinati, tutti in fila, piano piano, e ci sono “solamente” 7000 morti circa all’anno (per una Nazione da 120 milioni di abitanti), quando invece in Italia ce ne sono mi sembra circa 30 mila (con metà abitanti…), quì devono risolvere un problema a mio avviso ancor più grave, perché da quel che ho sentito si parla di 30 mila suicidi l’anno… una cifra incredibile secondo me…  Per le strade si può aggiungere polizia, fare controlli più serrati, ma come si fa ad entrare nella testa delle persone? In questo caso è un sistema che dev’essere cambiato, ma questo sistema è radicato nella tradizione stessa del Giappone, dove il Harakiri è una pratica d’onore, addirittura (anche se ora non più corrente, per fortuna…). E questo è anche uno dei motivi per cui non mi sono innamorato di questa terra così lontana ed affascinante, dove tutto è controllato in maniera gerarchica, dove il lavoro si intrufola nella vita privata delle persone (i capi presenziano addirittura ai matrimoni, e ai posti d’onore…), le priva di tempo libero e a volte dignità. Una Nazione tra le più sicure del mondo, dove puoi lasciare le chiavi della moto sul blocchetto, e la porta di casa aperta, e stai sicuro che nessuno toccherà niente di tuo. Dove tutti hanno internet ad alta velocità sul cellulare, ma dove per un povero turista è impossibile trovare uno spot free wifi (ho passato ore a cercare di accedere ad internet col netbook, ma spesso tutte le 30 reti wireless che si “vedono” quando si accende il pc sono criptate...). Dove non si trova un parcheggio moto gratuito da nessuna parte (quì in Giappone c’è tutto, ma niente è gratis…) Dove non ci si può comprare una scheda sim per il proprio cellulare perché adottano un sistema differente da quello usato nella maggior parte dei Paesi…

Sono tutti retaggi di una Nazione che è rimasta chiusa al mondo fino ad un secolo e mezzo fa…

Mentre sto scrivendo queste righe, mi ritrovo circondato da una cinquantina di bambini, la solita scolaresca (è il periodo delle gite scolastiche!), tutti con cappellino giallo in testa. 



La guida si preoccupa di scusarsi, masticando qualche parola di inglese, perché la spiegazione potrebbe darmi fastidio, rispondo che non c’è problema, son felice di vedere tutti questi bimbi attorno a me. La Marien Tower è la sede della Dogana Portuale, dal decimo piano si ha una bella vista panoramica: a ovest c’è Yokohama, e con cielo limpido si può vedere il monte Fuji, ma oggi si vedono solamente le decine di ciminiere che sbuffano fumo bianco in cielo. 



A sud si vedono il porto, con le enormi gru carica container, e la baia, con decine di navi da carico ormeggiate. Ad sudest si vede l’enorme presa d’aerazione per il tunnel che attraversa la baia. 



A nordest la città di Tokyo, si vede bene lo sky tree e si intravede la Tokyo Tower. Migliaia le auto parcheggiate in attesa di essere caricate nelle enormi stive, che continuano a “mangiare” auto per ore senza mai riempirsi. Si vedono i “trenini” di 10 auto che partono dal parcheggio della Subaru, seguite dal pullmino che raccatta i piloti e li riporta alla base: altro giro, altra corsa!




Le auto e i camion si vedono muoversi piano, da qua sopra. Una musichetta di natale in sottofondo. Sembra di essere al Truman Show…
Ora vado a mangiare qualcosa al ristorante al nono piano (che il gentile Miki si era preoccupato di indicarmi), poi torno agli uffici, e speriamo di riavere il mio Carnet!