domenica 25 luglio 2010

Tashkent – Shymkent

venerdì 23 luglio – 270km (Pubblico adesso questo post che non era stato possibile postare prima)

Qui in Kazakistan non riesco a visualizzare il blog per cui non posso risponedre ai commenti... ma scriveteli comunque!

La mattina faccio fatica ad alzarmi, ero andato a letto tardi effettivamente… Faccio colazione, arriva Airat (che questa notte aveva dormito in città) e si unisce a me. Lo pago, mi dà la registrazione, da inserire nel passaporto, e un itinerario di viaggio che avrei in teoria seguito in Uzbekistan, timbrato e firmato, se per caso dovessero “rompere le scatole” in frontiera. Airat saluta: va a Fergana con il figlio, lo accompagna a giocare ad un torneo internazionale di tennis.

Parto tardi, sono le 11 ormai, saluto quasi con commozione Rasul, lo abbraccio, mi dice di scrivergli (mi aiuterà Maria a scrivergli in russo!). Faccio il pieno, anche se so che poi la benzina costerà meno di metà in Kazakistan, ma ho ancora molti Som uzbeki, e poi meglio avere sempre una buona autonomia.

La frontiera sarebbe a due passi, pochi km sopra casa di Airat, ma purtroppo è aperta solamente ai pedoni: nessun mezzo di trasporto vi può passare. Sarei quasi tentato di provare lo stesso, magari una moto…ma mi fido, e parto verso sud, direzione Chinoz. Purtroppo devo attraversare tutta la città, essendo la casa di Airat a nord, e c’è molto traffico. Usciti dalla città, c’è una bella autostrada (per i canoni uzbeki, non italiani…) che punta a Samarcanda, Bukhara, Termiz. Dopo una settantina di km c’è l’uscita per Yallamah, il posto di confine, che arriva dopo pochi km. Quì le cose si fanno lunghe: prima una lunga coda per la dichiarazione, in due copie, ma quando arrivo finalmente al poliziotto, mi dice che come conducente di un mezzo di trasporto dovevo andare in un altro ufficio…dove invece l’addetto è a pranzo… aspetto, e poi mi fanno ricompilare la dichiarazione, perché comunque l’altro poliziotto le aveva già timbrate entrambe… Non mi consegnano nulla, nessun pezzo di carta e nessun timbro, per il fatto di aver consegnato le dichiarazioni e le carte della moto… Vado quindi a far timbrare il passaporto (altra coda, ma mi fanno passare avanti…) e poi c’è l’ispezione della moto. Per fortuna non sono stati fiscali, mi hanno fatto aprire solo la borsa da serbatoio, e mi hanno chiesto cosa c’è in tutte le altre. Si son fidati, grazie ai soliti Marcello Lippi e Toto Cutugno!

Sono in terra di nessuno, dopo quasi 2 ore. Ora tocca al Kazakistan.

Vedo in frontiera, in senso opposto una serie di 7 moto, quasi tutti bmw; penso siano gli uzbeki, di ritorno dal lago Balkash, invece è un gruppo eterogeneo di: 1 australiano, 1 inglese, 1 messicano, 1 americano…partiti da Londra, con mezzo d’appoggio, arrivati qui via Russia. Faranno una scappatina a Samarcanda e Bukhara, poi riprenderanno la via russa, fino a Magadan, porto all’estremo oriente russo. E’ un viaggio organizzato, con mezzo d’appoggio. Scambio un po’ di chiacchiere, poi ci si saluta, magari ci si rivedrà più in là, chissà…

Il primo doganiere kazako fa una cappella mostruosa: mi timbra il visto kyrghyzo invece del kazako. E’ vero che i due visti sono identici, perchè fatti dalla stessa ambasciata, quello kyrghyzo ha solo un timbro in più, indicante appunto Kyrghyzstan. Oltre tutto mette il timbro proprio sull’ologramma traslucido, pertanto il timbro non è neppure leggibile, perchè l’inchiostro lì non prende… gli faccio notare la cosa, ma il tipo non capisce, ho dovuto insistere! Alla fine, dopo consulto con colleghi e attesa, mi timbra il visto kazako (gli faccio capire di non timbrarlo sull’ologramma) e sbarra il timbro sul visto kyrghyzo. Ovviamente se io dovessi entrare in Kyrghyzstan sarebbe un enorme problema, perchè col cavolo che lo riterrebbero valido un visto già timbrato…ma non mi pongo il problema, tanto non ci andrò. Ma io dico, questo è il loro lavoro, devono fare timbri sui passaporti, non possono farlo con un po’ più di professionalità? Passo poi ad un altro ufficio, dove compilo insieme all’addetto, molto gentile, la dichiarazione. Finalmente non serve dichiarare minuziosamente tutti i propri averi, come fatto finora (soldi in tutte le valute, apparecchiature elettroniche, etc.): entro i 10mila $ di beni si può omettere la dichiarazione. Bene! Chiedo se non serva una carta apposita per il mezzo di trasporto, come in tutti i Paesi finora, ma mi dicono di no. 3 ore e mezza ma ora sono salvo. Entro in Kazakistan. Cambio i restanti som uzbeki in tenge kazaki (e mi fregano col cambio) e i pochi sum tajiki (e mi strafregano, ma non ho alternative, anche insistendo…). Cambio anche 20 euro, il minimo per ogni evenienza, poi preleverò al bankomat: finalmente qui in Kazakistan ci sono i bancomat! era dalla Turchia che non ne vedevo, ed ero andato avanti a contanti! (sono infatti quasi a secco di dollari…)

Una piacevole sorpresa: il visto vale 30 giorni dall’ingresso! non era assolutamente chiaro, nè scontato: era così per il turkmenistan, e non era chiaro, avrebbe dovuto essere così per l’uzbekistan, e non lo è stato, non era così per il tajikistan (visto a date fisse) mentre qua adesso ho un mese a disposizione! i programmi dunque cambiano, i ritmi pure: dopo le corse fatte purtroppo in Iran (sarebbe stato bello visitarlo un po’ anzichè solo attraversarlo) e in Tajikistan… ho ora tutto il tempo che voglio per aspettare Ture!

Il Kazakistan ha un volto diverso dall’uzbekistan: è incredibile come a pochi km di distanza, aldilà di un cancello, il mondo cambi. Il paesaggio è più vasto e arido, la strada malmessa, anche se asfaltata. Le scritte sono diverse: l’alfabeto kazako è ancora diverso, è un casino, si avvicina al turko, molte lettere né cirilliche né latine. Di là c’erano i cartelli “chaykana” dove vendono il the, qui ci sono i cartelli “kofe” dove dei baracchini a bordo strada vendono caffè. Le macchine, completamente diverse: in uzbekistan monopolio daewoo (le auto straniere hanno altissime tasse di importazione, mentre c’è una fabbrica daewoo in o’zbekistan) mentre qua c’è un po’ di tutto. Vedo qualche cane randagio a bordo strada, e alcuni anche sulla strada, travolti dai camion…

Mi fermo a mangiare un plov nel primo paesino che incontro; non male, ma niente a che vedere con quello in centro a Tashkent. Si fermano anche i 3 norvegesi in jeep, quelli trovati in frontiera. Stanno andando al Lago d’Aral. Sono simpatici, e sanno bene l’inglese. Due di loro sono anche motociclisti, uno ha una gsx-r e l’altro una duke. Sono preoccupato perchè in frontiera non mi hanno lasciato nessun foglio specifico per la moto, quindi chiedo conferma, e anche per loro è stato lo stesso. Bene.

Proseguo per Shymkent, ma dopo un po’ vedo un cartello con scritto Tashkent 20. Ma come? se ho fatto 170km? accendo il gps, ed infatti sono a un passo da casa di Airat; cerco all’orizzonte la TV tower di Tashkent, alta 200m, che domina il panorama da ogni angolo della città, ma non la scorgo.

Proseguo, direzione nord; il sole dà fastidio, basso all’orizzonte (è una gran cosa andare a est, con il sole alle spalle la sera…). Qui il fuso è 1 ora più avanti, anche se siamo più a ovest… (mi sembra però più corretto questo) ormai è tardi quindi, sono le 20.30, ma arrivo a Shymkent, e cerco un albergo.

Chiedo in 3 posti, e scelgo il motel, il più economico, perché ho intenzione di fermarmi qua alcuni giorni, ma è in una buona posizione centrale, all’interno di un centro commerciale, e con un riparo sicuro per la moto. Faccio un affare: la camera è buona, spaziosa, pulita. I bagni in comune sono ad un passo dalla mia stanza, sono praticamente quasi a mia completa disposizione, e sono pulitissimi. Ho tv satellitare e clima in camera (alla tv satellitare fanno davvero di tutto, uno potrebbe perdersi 24h su 24 con cose sempre diverse…quasi conviene non averla, se non si riesce a “dominarla”…) Dove lo trovo un posto così per 21 euro al giorno con (abbondante) colazione inclusa??? Ora posso rilassarmi, perchè sono davvero molto stanco, la giornata di oggi mi ha provato, forse anche il cambio di ritmo dopo una settimana di stop…

Dopo la doccia cerco un posto per rifocillarmi: vado al Luna Park, abbastanza grande (c’è la nave dei pirati, affollatissima, ci sono scivoli per i bimbi e varie altre attrazioni), ma i baracchini che vendono shashlik (gli spiedini) non mi ispirano; mi dirigo quindi verso un locale, dove ordino la cena. Si avvicinano al mio tavolo dei ragazzi, molto simpatici; prima uno, poi due, tre, quattro, tra cui il proprietario del locale. Tra di loro ce n’è uno che parla inglese, lo mastica un po’ almeno; poi con gli altri usiamo reciprocamente il mio dizionario russo-italiano. Mi chiedono del mio viaggio, mi chiedono perché lo sto facendo; mi chiedono anche loro ovviamente se sono sposato, e perché no. A entrambe le domande ho difficoltà a rispondere…

Chiedo info su dei posti da visitare qua intorno, su quale sia la miglior compagnia telefonica, etc. Uno di loro, quello che sa l’inglese, fa il cantante, di professione, ci scambiamo i numeri, lo chiamerò e mi farà sentite il suo disco. Domenica andrà col suo gruppo ad iniziare a “girare” la colonna sonora di un film per bambini kazako. Il proprietario del locale mi offre una coppa di frutta e gelato. Bene! Poi però saluto, sia perché fumano da un’ora al mio tavolo, e non respiro più, sia perché sto per crollare dal sonno…

Il Kazakistan mi ha finora accolto molto positivamente.

Откуда?

Откуда?[Atkudà?] – Da dove vieni?

Rubrica sui tipici “dialoghi” in russo…

Quando la gente mi vede, mi chiedono tutti da dove vengo. Tutti. I poliziotti che mi fermano, i bambini che mi accerchiano quando mi fermo, la gente per strada, tutti. Alla risposta che sono italiano c’è sempre un’espressione felice, una sorta di ammirazione di tutti per l’Italia. Il primo commento, di quasi tutti, in fase di mondiali, è stato proprio sul calcio; in tutte le frontiere che ho oltrepassato, dall’Iran al Turkmenistan, fino all’Uzbekistan, c’erano un sorriso e un commento sulla prestazione negativa dell’Italia ai mondiali. Devo ringraziare Marcello Lippi, è stato un modo incredibile di rompere il ghiaccio, con tutti! Forse ha davvero suscitato simpatia questa prestazione quasi “ridicola” dell’italia ai mondiali…

Poi, molti iniziano a parlarmi di cantanti e attori italiani. Toto Cutugno (ho cantato “italiano vero” con un agente di frontiera Turkmeno…) e Adriano Celentano sono conosciuti da tutti. Il padrino è il film preferito di molti, me lo hanno citato in Iran come in Uzbekistan…mi sa che io non l’ho neanche visto…

Ieri Baktior mi ha citato Pupo, cantandomi “gelato al cioccolato”… e poi alla radio sono passati Toto Cutugno e Celentano…

Mi hanno detto che Gianni Morandi è venuto a fare un concerto qua a Tashkent! Poi mi hanno detto un’altra cosa incredibile: qua a Tashkent ci sono due squadre di calcio, che sono le due prime squadre della nazione. Non ricordo i nomi. La più piccola delle due ha come allenatore Scholari!!! e ci gioca Rivaldo! si può andare a salutarli volendo, mi hanno detto… ci si beve pure il the assieme… che storie…

Le conversazioni solitamente continuano chiedendomi che strada ho fatto per arrivare fino a qua, quanto tempo ci ho messo… poi mi chiedono quanti anni ho e tutti mi chiedono se sono sposato. Dico di no, e rimangono stupefatti. Mi chiedono perché, e non capiscono… E’ come se fosse impensabile per loro che uno della mia età non sia sposato…cerco di spiegargli che magari devo amare una persona per sposarla…ma non è facile spiegarlo neanche in italiano…figuriamoci in russo… incasso le prese in giro e vado avanti…

Facciamo un passo indietro: una valanga di volte mi è successo che mi chiedessero, appena mi vedono, se sono tedesco. “Aleman?”, “BMW”? Le prime domande. Come se associassero una moto ad un tedesco e ad una BMW. Incredibile. Avranno visto solo tedeschi in GS probabilmente. Allora, quando ho pazienza gli dico che è una Honda, quando non ce l’ho, come l’altro giorno in frontiera Uzbeka, gli ho indicato l’adesivo sulla fiancata…

Rubrica di approfondimento culinario: da quando sono partito dall’Italia con cobra, ci sono alcune cose che non mi hanno mai abbandonato. Prima fra tutte, l’anguria: i cocomeri, come già detto, ci sono dappertutto, a vagonate, non c’è paesino in 10mila km fatti in cui non ci fosse qualcuno che vendesse angurie. Poi, pomodori e cetrioli: sono un contorno fisso, che c’è davvero dappertutto; dove il posto mi sembra pulito, io li mangio, ed è incredibile che ormai quasi mi piacciano i cetrioli, io che non li potevo sopportare! (sono però meno forti, come gusto, di quelli tedeschi…). Quello che invece “manca” è il bere a tavola: da noi ci sono bottiglie d’acqua e di vino, sul tavolo. Loro invece, dall’Iran fino a qua, o non bevono proprio, oppure hanno il Kam Pot (bevanda alla frutta), oppure vodka (sì, anche cenando!!!) e poi, alla sera, il the, anche durante la cena. Al ristorante ovviamente mi ordino la mia bottiglia di acqua.

Ciò che mi ha stupito (anche se ormai si sa) è la capillarità della diffusione dei cellulari. E’ davvero spaventoso! Anche in zone remote, dove le case sono di fango, si vede la gente passeggiare al telefono, e si vedono pure i bambini con il telefono… E c’è campo quasi ovunque! (a parte sul Pamir). Me l’avevano detto comunque, anche gente che è stata in Africa, che è così addirittura in Kenya, tra i villaggi… Comunque costa poco telefonare: in Uzbekistan ad esempio 3 cent$ al minuto. Senza scatto alla risposta. Dovremmo chiamare un concorrente uzbeko in Italia…

Alla prossima rubrica di approfondimento culturale :)

Mercoledì e giovedì

ieri, mercoledì 21 luglio, giornata intensa: sveglia alle 7, colazione alle 7.30 con Airat, e poi partenza per la città. Voglio visitare ciò che mi manca. Inizio dal Bazar Oloy, in centro: un grande mercato, di frutta, verdura, spezie, ma anche di oggetti preziosi (una sezione ben controllata dalla polizia è un susseguirsi di negozi di gioielli). Cerco delle cartoline, e come mi era già successo un paio di anni fa in Russia, non è facile trovare cartoline di Tashkent (beh, non è facile trovarne neanche di Albignasego se è per questo…è inutile che mi meravigli…però Tashkent è la Capitale…). Ne trovo un paio di Samarcanda, e vanno bene lo stesso, poi mangio una tradizionale “comca” [somsa] (un panzerotto contenente carne, di vari tipi, o patate) cotta nel tipico forno.



Piove, cerco un internet cafè per fare l’upload delle foto, ma niente. Vado quindi alle poste centrali, bagnandomi un po’; quì trovo un paio di cartoline di Tashkent, le scrivo quindi tutte e 4 e le invio. Prendo la metro e mi avvio verso l’ufficio centrale delle telecomunicazioni, dove la guida dice che c’è un buon collegamento internet: infatti è il migliore trovato a Tashkent, connessione via cavo lan, abbastanza veloce. Due “chiacchiere” con cobra e con Claudio, ed è ora di pranzo, anzi è già tardi: arrivo al Central Asian Plov Center che sono quasi le due, il plov nei mega pentoloni sta per finire, ma per fortuna riesco ad averne un piatto, anche se con poca carne, che è finita. Ottimo (un po’ grasso…) il plov, non mi è piaciuto invece il Kam-pot, bevanda di frutta (mele e ciliegie) bollita, poi raffreddata, colore rosso, gusto simile al the alla frutta, ma più dolce, bevanda che ho trovato dal Turkmenistan in poi (a casa di Azat per la prima volta).

Vado quindi al bazar Chorsu, il più caratteristico della città, dove veramente si vende di tutto. Una “sezione” di indumenti, vestiti vari, scarpe; la parte principale sotto la grande cupola verde dove si vende frutta e verdura; tutto intorno, bancarelle e tavole calde, dove si può assaggiare di tutto.


I contadini arrivano con i propri prodotti, chi con le carote, chi le patate, chi le uova. Con i carretti o con i furgoncini. Mi colpisce la cura con cui vengono esposti i prodotti: i pomodori posizionati uno ad uno, puliti, disposti simmetricamente sul banco, alcuni fanno anche delle piccole piramidi. E così con tutta la frutta e la verdura. Quello che mi stupisce di più è che molti prodotti sono venduti sfusi: la pasta, i biscotti (banchi enormi di biscotti di vari tipi, su sacchetti esposti all’aria aperta, e venduti a peso, non confezionati! e questo avviene anche al supermercato, non solo al bazar!) e il pane. Da noi in Italia invece il pre-confezionamento sta raggiungendo livelli estremi, pensiamo all’insalata in busta…chissà dove arriveremo! Il pane è esposto dappertutto: su mensole, su carretti, su tappeti. Viene messo direttamente in borsette di plastica nera, viene toccato e ritoccato, ridisposto sempre perfettamente, ovviamente non si mettono i guanti per movimentarlo…

Il pane è uguale, dappertutto: rotondo, diametro di una ventina di cm, rigonfio nella parte anulare, schiacciato al centro. E’ davvero molto buono, morbido, gustoso. Per quanti tipi di pane ci siano da noi, almeno dove vivo io, non ce n’è di così buono. Ricorda il pane di montagna.


Vado poi al Khast Imom, centro religioso ufficiale musulmano dell’Uzbekistan, 2km a nord del bazar.

 Ci vado in taxi (poi tornerò in autobus, spendendo un decimo…). Ci sono gli uffici, c’è la moschea, con i due grandi minareti che si vedono in foto, e c’è il museo, dov’è custodito il Corano di Osman, il Corano più antico del mondo, del VII secolo, scritto su pelle animale, con il sangue. E’ un librone enorme, circa 60x60 cm, spessore minimo 20cm, le scritte (in arabo) sono enormi, 4 o 5 righe per pagina. Non si può fotografare, ovviamente. In una delle stanze a fianco della principale, sono custodite copie del Corano in tutte (molte…) lingue del mondo. Riesco a trovare anche quello tradotto in italiano. Mi faccio fare la ricevuta del biglietto di ingresso, perché qui non ci sono tariffe esposte, da nessuna parte, e mi vien sempre da pensare che mi vogliano far pagare quando invece non si paga, perché mi vedono turista, con lo zainetto in spalla…oppure che mi aumentino la tariffa ad hoc… Incontro un gruppo di italiani. Mi sembra di sentire una parola in italiano davvero da molto distante, mi avvicino, e sono italiani! Secondo gruppo che trovo nel mio viaggio, dopo quello di Khalaikhum. Sono di Piacenza e dintorni. Due chiacchiere, e ci salutiamo.

Voglio tornare all’internet point centrale, per controllare la posta (sto aspettando alcune email da agenzie kazake) ma è purtroppo già chiuso. Sono molto stanco, ho camminato molto. Entro mezz’ora in un altro internet point (quì devo usare però un pc di quelli a disposizione). Mi manca da vedere il parco Navoi, ma non ce la faccio, vado a casa di Airat, in centro. A qualcosa di deve rinunciare. Ultima corsa in metropolitana: l’ho usata molto, è davvero molto ben fruibile, si attende massimo 10 minuti, a qualsiasi ora; i treni sono puliti, anche se non nuovi, le carrozze sono molto grandi, funzionali, ci sta molta gente, ma non sono mai piene. Le stazioni sono molto belle, alcune artistiche (tipo Kosmonavtlar, dove ci sono dei “bassorilievi” di astronauti su fondo blu lucido delle pareti); peccato non si possano fare fotografie, è severamente vietato, e qua non è che si possa provare a “fare l’italiano” fotografando lo stesso, perché c’è davvero polizia ovunque, a manetta… Mi stupisce la quantità di “personale” che c’è nella metro: due donne a dare i biglietti (dei gettoni di plastica azzurri, tipo delle fiches di pessima qualità), una donna a controllare gli ingressi, una donna al piano di sotto, al termine delle scale mobili; ma cosa ci fa questa qua? blocca le scale se qualcuno si impiglia? Mi ricorda la metropolitana di san pietroburgo, come conformazione, “arredamento” degli ambienti, e le donne sopra e sotto le scale mobili, appunto…

A casa di Airat (porto un piccolo presente preso al bazar) sono come sempre molto gentili, le figlie mi mostrano i lavoretti fatti all’asilo, la moglie mi prepara qualcosa da mangiare. Airat arriva tardi, sono molto stanco, quasi mi addormento sul divano, poi andiamo alla “dacia” (la villa) e Airat mi intrattiene con un discorso molto serio, ma mi stupisce per la sua reazione esemplare, da cui abbiamo tutti da imparare: da un paio di giorni gli hanno tolto la licenza di agenzia turistica. A lui come ad un’altra ventina di piccole agenzie. Lo stato si è inventato questa cosa, non si sa ancora perché. Lui è quindi virtualmente senza lavoro, il suo lavoro, che porta avanti da vent’anni. Deve dare da mangiare a 5 figli, pagare due dipendenti, e il fratello socio. In questa situazione c’è gente che cade in depressione o si suicida. Lui invece mi ha detto che è felice, che ringrazia Dio per dargli questa nuova cosa da affrontare. Ha detto che lotterà, felice, senza paura. Mi ha chiesto di scrivere una lettera descrivendo l’ottimo servizio che mi ha offerto, e così faranno tutte le agenzie, che si uniranno e presenteranno lettere e proteste ai giornali e al ministero. Dice che ogni situazione nella vita ha delle risposte, anche se magari difficili. Che lui, finché non gli tolgono la vita, è felice. Sarebbe felice anche se lo mettessero in carcere, sarebbe una nuova esperienza anche quella. Ma badate bene, non è pazzo, è lucidissimo (anche se ha bevuto un paio di bicchierini di vodka), è ben consapevole delle sue responsabilità nei confronti dei figli. E’ solo un modo, originale forse dalle nostre parti, ma sicuramente positivo, di affrontare la vita.

Vado finalmente a letto. Distrutto.

Oggi, giovedì, mi alzo alle 9 e faccio abbondante colazione. Vado poi in giardino, scrivo una lettera, studio un po’ di russo, faccio un pisolino, prendo un po’ di sole a bordo piscina. Guardo un po’ la tv satellitare: ci sono una vagonata di canali, molti in multilingua. EuroNews è in tutte le lingue, c’è anche in italiano, ma non mi va di ascoltare in italiano: ascolto un po’ in spagnolo, un po’ in inglese. Stanno facendo un servizio sulla sicurezza attiva sulle strade, un programma tedesco. E’ incredibile: in europa muoiono ogni anno 30mila persone sulle strade. Pazzesco…

Arriva poi il fratello di Airat, Marat, con la famiglia: moglie figlia suocera e cognato. Sono gentilissimi, davvero. Si presentano, mi offrono birra e vodka (che ovviamente rifiuto…), gli mostro le foto e i video del mio viaggio. Marat si mette a cucinare, un piatto uzbeko di carne e patate.



E’ pronto che sono ormai le 16: qui si mangia senza orari, in generale si mangia quando è pronto. Mangio davvero tantissimo. E, non ci crederete, dopo un paio di ore Marat si rimette a cucinare: Shashlik, cioè spiedini. Di carne (pollo) e di verdure. Quì non hanno le griglie, per cucinare alla brace: fanno tutto su spiedini, e hanno un apposito porta spiedini con la brace sotto. Alle 20.30 quindi si mangia di nuovo, e di nuovo tutto è buonissimo, e loro incredibilmente gentili.



Se ne vanno, saluti e ringraziamenti, scambio di email e foto di gruppo.



Ora ho fatto le valigie (quasi), mi son fatto e bevuto un the (Rasul è tutta oggi che non si vede…) e ora a nanna, che domani si parte; ma prima penso che farò una sauna di addio (ne ho fatta solo una sabato scorso, non posso proprio esimermi stasera…)

Buonanotte a tutti.